icerbox Bassetti silenzio by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

L’indicibile

I campi di concentramento nazisti perseguivano lo scopo della demolizione dell’uomo. Questa conclusione, che fu l’esplicita premessa di tutta l’opera letteraria di Primo Levi, li rende refrattari alla parola, alla sua attitudine descrittiva ed emozionale. L’abolizione del linguaggio seguiva percorsi trasversali: esprimeva gli ordini in un idioma che, incomprensibile ai più, comandava solo la rabbiosa perentorietà dell’ultimatum; declassava il corpo vivente dei prigionieri nella burocratizzazione irridente della numerazione, nello spoglio di ogni appartenenza, fosse pure organica, nel classamento verbale, per cui i cadaveri erano pupazzi o stracci, e i nuovi arrivati dei pezzi; sopprimeva quel crocevia del senso dialogico che è il perché, estirpandolo con zelo dalla causalità più elementare e minuta. Quando Levi, tormentato dalla sete, si sporge dalla finestra della baracca, spezza un ghiacciolo e una guardia glielo strappa di mano, chiede «Warum?» (Perché?) e si sente rispondere dall’aguzzino che lo respinge dentro «Hier ist kein warum» (Qui non c’è nessun perché).

Nel campo di concentramento non impera esattamente il silenzio; piuttosto una chimica e terrorizzante composizione di silenzio tombale e di silenzio violentemente franto. Ma il pensiero simbolico degli internati cala ogni cosa in un mutismo mortifero: Levi, che pure lamenta che pochi «sanno tacere e rispettare il silenzio altrui», descrive il cielo «silenzioso e vuoto», si sofferma su quanto «tutto è silenzioso come un acquario e in certi sogni», su come «poi tutto tacque di nuovo» e «ogni rumore si è spento e si è sentito un silenzio di piombo», sulla circostanza che «di fronte al bisogno fisico e assillante, molte consuetudini e istinti sociali si sono ridotti al silenzio». Gli internati si sentivano abbandonati al silenzio di Dio (del quale Elie Wiesel sarebbe diventato il cantore più tormentato) e sottratti alla parola del mondo, con la sensazione non infondata di essere stati silenziosamente rimossi. Il 25 giugno 1942 il «Daily Telegraph» pubblicò uno scoop: «I tedeschi uccidono 700 000 ebrei in Polonia». L’articolo raccontava di un sistema messo in atto dai tedeschi per ridurne altrettanti alla fame e ipotizzava l’uso di un gas tossico per completare lo sterminio. Si trattava di una breve notizia, collocata nella quinta delle sue sei pagine, che non venne ripresa da altri organi di informazione. L’Olocausto era praticamente al principio ma già nessuno aveva voglia di saperne troppo.

I manuali italiani di storia degli anni settanta ignoravano completamente i campi di concentramento o vi dedicavano una manciata di righe, riassumendoli nella «eliminazione di centinaia di migliaia di ebrei appartenenti all’élite polacca», e non erano certamente un’eccezione. Wiesel era tornato dalla prigionia con l’intento di «comunicare con la parola ciò che sfida la parola», ma per cominciare ebbe bisogno di dieci anni dalla liberazione di Buchenwald, e sbloccandosi con una prima versione nella catarsi della lingua yiddish, che era stata silenzia ta dalla storia d’Europa. Levi, che si sentiva debitore verso i «sommersi» dell’obbligo di raccontare, si vide rifiutare Se questo è un uomo da Einaudi nel 1946, con il parere decisivo di Natalia Ginzburg. Il mercato editoriale non era ben disposto verso lo scoperchiamento dell’orrore e i suoi resoconti testimoniali.

scaricare

Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.